Le dimissioni «inspiegabili» - Parte 3/3: Approfondimento su Schirra

di Khalid


Come abbiamo visto nei precedenti articoli (parte 1 e parte 2) dedicati alle dimissioni «inspiegabili» di alcuni protagonisti del programma spaziale americano, il ritiro di Wally Schirra desta particolare meraviglia, visto che in quanto astronauta del programma Mercury Schirra avrebbe avuto buone probabilità di diventare il primo uomo a camminare sulla Luna, come afferma Deke Slayton, all’epoca selezionatore degli equipaggi della NASA:[1]

Bob Gilruth and headquarters and I agreed on one thing, prior to the Apollo fire: if possible, one of the Mercury astronauts would have the first chance at being first on the moon.Bob Gilruth, il quartier generale e io eravamo d’accordo su una cosa, prima dell’incendio Apollo: se possibile, uno degli astronauti Mercury avrebbe avuto la possibilità di essere il primo sulla luna.

Questa circostanza è stata però negata da Schirra in due occasioni. La prima è un’intervista del 2002:[2]

In the “From the Earth to the Moon” TV series dramatizing Schirra’s Apollo flight, there was a scene in which Schirra is shown telling Slayton he will be leaving NASA, but hinting that he might stay if he were given command of a flight to the Moon. Schirra says that this was artistic license:
“That was overplayed, no. The rule had been established by then, that was a published rule, that he who commands an Apollo flight will not command a second one. And it turned out to be true. The only one who flew two was Stafford, who had Apollo 10, and Apollo-Soyuz, which doesn’t really count. There were a lot of guys waiting in line.”
“I could see that I was out of line already. If Cooper was already out of line, how the heck could I get back in again? Betty Grissom said that Gus was in line to land on the Moon — that’s a bunch of hogwash. That was pretty well bent out of shape. Deke never said that. In contrast, Deke said that we of the original seven are done, there’s a whole new crew now. That I even got that Apollo flight was unusual. The second group was brought in to go to the Moon. We were supposed to be out of there by then. It just turned out they needed me, so I stayed for the Apollo 7 flight. That was unique.”
Nella serie TV “Dalla Terra alla Luna” che narra la missione Apollo di Schirra, c’è una scena in cui Schirra dice a Slayton che lascerà la NASA, lasciando intendere che potrebbe restare se gli si affidasse il comando di una missione verso la Luna. Schirra dice che si tratta di una licenza artistica:
“Hanno esagerato. All’epoca era già stata stabilita la regola, ed era una regola di dominio pubblico, che chi comanda una missione Apollo non ne comanderà una seconda. Ed andò proprio così. L’unico che ne comandò due fu Stafford, che fece Apollo 10 e Apollo-Soyuz, che in realtà non conta. C’era tanta gente in lista d’attesa”.
“Mi accorsi di essere già fuori gara. Se era già fuori gara Cooper, come diamine avrei potuto rientrarci io? Betty Grissom disse che Gus era in lizza per l’allunaggio — sono un mucchio di sciocchezze. Non stanno né in cielo né in terra. Deke non l’aveva mai detto. Al contrario, Deke disse che noi dei sette originali avevamo finito, ora c’era un equipaggio completamente nuovo. Anche il fatto che io avessi ottenuto quella missione Apollo era strano. Il secondo gruppo fu introdotto per andare sulla Luna. A quel punto noi dovevamo essere fuori di lì. Invece poi si scoprì che avevano bisogno di me, e allora rimasi per la missione Apollo 7. Fu un caso unico”.

Qui Schirra sta dicendo due cose diverse: che esisteva una regola per la quale si poteva comandare una sola missione Apollo (e quindi lui sarebbe stato escluso da ulteriori missioni, in quanto comandante dell’Apollo 7); e che gli astronauti del gruppo Mercury erano stati in ogni caso ritenuti non idonei alle missioni lunari. Nessuna di questa affermazioni compare nell’autobiografia di Schirra, Schirra’s Space, uscita nel 1988, in cui l’ex astronauta attribuisce le proprie dimissioni a una sorta di burnout.

Per quanto riguarda la regola del comando non ripetibile, la sua esistenza viene negata recisamente da Deke Slayton, in un libro che vede ironicamente Schirra come coautore:[3]

Another question about commanders came up when the M[ercury ]7 were discussing assignments for moon missions. Schirra indicated that once you were named a commander of an Apollo mission, you didn’t get another mission, which explained why Schirra didn’t get a moon landing mission.
“We never had a rule like that,” objected Slayton.
Un’altra questione relativa ai comandanti emerse quando i Mercury Seven stavano discutendo degli incarichi per le missioni lunari. Schirra asserì che una volta che uno era stato nominato comandante di una missione Apollo, non avrebbe ottenuto altre missioni, il che spiegherebbe perché lui non ottenne missioni di allunaggio.
“Non abbiamo mai avuto una regola del genere”, obiettò Slayton.

L’esistenza della regola viene contraddetta anche dal fatto che Slayton aveva offerto a Borman, già comandante dell’Apollo 8, il primo allunaggio:[4]

[Borman] had decided beforehand that Apollo 8 would be his last mission. Slayton had all but offered him the first landing, but Borman turned it down. He appreciated Slayton’s confidence, he told him, but he doubted he could get his crew ready for a landing mission in time. He knew they would be disappointed – Anders in particular. But Borman had decided it was time to move on. If Apollo was a war, then a crucial battle was almost won; let someone else have the final victory.Borman aveva deciso in anticipo che Apollo 8 sarebbe stata la sua ultima missione. Slayton gli aveva praticamente offerto il primo allunaggio, ma Borman rifiutò. Disse a Slayton che apprezzava la sua fiducia, ma dubitava di poter preparare in tempo il suo equipaggio per una missione di allunaggio. Sapeva che sarebbero rimasti delusi, Anders in particolare. Ma Borman aveva deciso che era ora di andare avanti. Se il programma Apollo era una guerra, Borman aveva ormai quasi vinto una battaglia cruciale; la vittoria finale la lasciò a qualcun altro.

È probabile che Schirra abbia fatto confusione con una regola molto simile, la cui esistenza è stata rivelata da Michael Cassutt (anche se non in una pubblicazione formale) e che stabiliva che non si potesse comandare più di un allunaggio:[5]

after Apollo 12, he [Pete Conrad] sat down with his new chief astronaut, Stafford, and discussed future options… including staying in the Apollo rotation for a shot at 20. “Nope,” Stafford told him. “When it comes to commanding lunar landings, you only get one of those.”Dopo Apollo 12, Pete Conrad si sedette col suo nuovo capo astronauta, Stafford, a parlare delle opzioni future... tra cui rimanere nell’avvicendamento degli equipaggi Apollo per partire con la missione 20. “No”, disse Stafford. “Quando si tratta di comandare gli allunaggi, ti capita una volta sola.”

La regola non era comunque assoluta:[6]

The “policy” against commanding two lunar landings was limited in theory and practice. (Ultimately both Scott and Young were recycled as backup Apollo lunar commanders, meaning they had a chance, however slim, at that ‘second’ bite of the apple.)La “politica” contro il comando di due allunaggi era limitata sia in teoria che in pratica. (Alla fine sia Scott che Young furono riciclati come comandanti lunari di riserva Apollo, il che significa che avevano una seconda possibilità, per quanto scarsa).

Per quanto riguarda l’esclusione degli astronauti del gruppo Mercury dalle missioni lunari, essa viene contraddetta dalle testimonianze concordanti della moglie di Grissom e di Slayton, che oltretutto invoca altri testimoni come Bob Gilruth (all’epoca vivente). Ma viene contraddetta anche dal fatto che Alan Shepard, un altro dei Mercury Seven, sarebbe divenuto poi il comandante di Apollo 14. Difficile poi che Slayton considerasse finiti gli astronauti Mercury, visto che lui stesso era stato uno dei sette, pur non avendo mai potuto volare per un problema cardiaco, e che sperava ancora di andare un giorno nello spazio – cosa che gli sarebbe riuscita nel 1975, con la missione Apollo-Soyuz. Schirra ha dato altrove una versione molto differente della sua pretesa esclusione da ulteriori missioni Apollo. Intervistato ancora una volta da Francis French per un libro, ha affermato che le sue proteste per essere stato inizialmente destinato assieme ai compagni Eisele e Cunningham a fare la riserva dell’equipaggio dell’Apollo 1 avessero ricevuto questa risposta:[7]

They said, “Well, you are not going to ever get an Apollo flight anyway.” I said, “What?” They said, “Well, you and Gus and your two crews are as close as anybody is to a Block One, and we’d have to move somebody from Block Two to be a backup.”Mi dissero: “Non avrai mai una missione Apollo comunque”. Io dissi: “Cosa?”. Dissero: “Tu, Gus e i vostri due equipaggi avete più confidenza di chiunque altro col [modulo] Block I, e inoltre dovremmo trasformare in riservista qualcuno del Block II”.

Dopo l’incidente e l’assegnazione alla missione Apollo 7, Schirra avrebbe avuto la sua rivincita:[8]

“They came to me with a platter saying, ʽWon’t you please take the first mission?,’” he told the authors. “I said, ʽAren’t you cute! I thought you said nobody in my crew would fly on Apollo?’”“Vennero da me con un’offerta sontuosa: ʽFaresti la prima missione, per favore?’”, ha raccontato agli autori [di questo libro]. “Io dissi: ʽChe carini! Pensavo aveste detto che nessuno del mio equipaggio avrebbe volato su Apollo’”.

Qui non è più questione di far parte dei Mercury Seven, visto che l’esclusione coinvolge anche i più giovani compagni di Schirra; ma la motivazione è letteralmente incomprensibile. Sembra di capire che abbia qualcosa a che vedere con la familiarità dell’equipaggio con il modello iniziale del modulo di comando, il Block I, che avrebbe dovuto essere usato per Apollo 1; ma perché mai questo avrebbe dovuto escludere gli astronauti da tutte le successive missioni Apollo, dato che sarebbe bastato un nuovo periodo di addestramento? Tant’è vero che questo stesso equipaggio avrebbe usato un Block II per Apollo 7! (Eisele e Cunningham sarebbero poi stati e!ettivamente esclusi da altre missioni a causa del semi-ammutinamento dell’Apollo 7, ma qui stiamo parlando di eventi anteriori.)

Sarebbe vano congetturare su che cosa abbia spinto Schirra verso la fine della propria vita a offrire queste dubbie ricostruzioni dei fatti. Resta tuttavia il sospetto – forse ingeneroso, e comunque indimostrabile – che Schirra stesse dando delle excusationes non petitae per mascherare (forse anche a se stesso) la vera motivazione, personalissima e non facilmente confessabile, delle sue dimissioni; la stessa che, come abbiamo visto, Chris Kraft aveva ipotizzato: la paura di un incidente mortale come quello che era costato la vita a Gus Grissom.


Leggi anche:
Le dimissioni «inspiegabili» - Parte 1/3: Webb e Seamans
Le dimissioni «inspiegabili» - Parte 2/3: Schirra

 


Bibliografia

  1. Donald K. Slayton, Deke! U.S. Manned Space: from Mercury to the Shuttle, con Michael Cassutt, New York (NY), Forge, 1994, p. 191.
  2. Francis French, «“I worked with NASA, not for NASA”. An interview with astronaut Walter “Wally” Schirra», collectSPACE, 22 febbraio 2002.
  3. Ed Buckbee, The Real Space Cowboys, con Wally Schirra, Burlington (ON), Apogee, 2005, p. 98.
  4. Andrew Chaikin, A Man on the Moon. The Voyages of the Apollo Astronauts, New York (NY), Viking, 1994, p. 128; cfr. Slayton, Deke!, p. 191: «That’s why Frank Borman didn’t go on to more flights. He just elected to stop; it was his personal decision. He told me before he flew Apollo 8 that he wasn’t going to fly anymore».
  5. Michael Cassutt, post n. 22 in «SL–4: Commander selection for Skylab 3», collectSPACE, 11 Settembre 2012; cfr. id., post n. 4 in «Conrad on Apollo 20?», NASASpaceFlight.com, 6 Aprile 2008.
  6. Cassutt, post n. 25 in «SL–4», 12 Settembre 2012.
  7. Francis French e Colin Burgess, In the Shadow of the Moon. A Challenging Journey to Tranquility, 1965–1969, Lincoln (NE) - London, University of Nebraska Press, 2007, p. 202.
  8. Ivi, p. 203.

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