Le fasce di Van Allen

RISPOSTE ALLE DOMANDE DI AMERICAN MOON
  • Domanda #1 - Sai spiegare perchè la NASA, nonostante tutto quello che van Allen aveva scritto sul pericolo delle radiazioni, abbia spedito i primi astronauti attraverso le fasce radioattive senza protezioni particolari, e senza prima averci mandato almeno una scimmia, allo scopo di verificare gli effetti delle radiazioni su un organismo biologico complesso come l'essere umano? 
Gli effetti delle radiazioni sull’essere umano erano conosciuti da esperimenti di laboratorio. Nelle missioni senza equipaggio Apollo 4 e 6 furono misurati i livelli di radiazioni all’interno della capsula durante il transito rapido nelle fasce e fu verificato che il rischio per gli astronauti era trascurabile. In precedenza, due cani mandati nelle fasce dai Russi erano tornati vivi e senza alcun sintomo legato alle radiazioni.

  • Domanda #2 - Se fosse vero, come sostengono i debunkers, che "una missione lunare comporta radiazioni complessivamente equivalenti a una radiografia", perchè oggi la NASA definisce le fasce di Van Allen "una zona di radiazioni pericolose"?
Si fa confusione tra pericolo e rischio. Le fasce erano e rimangono pericolose (come anche un apparecchio radiografico costituisce un pericolo), ma il loro attraversamento rapido rappresenta un rischio accettabile (come quello di una radiografia).

  • Domanda #3 - Se è vero, come sostiene la NASA, che 50 anni fa il viaggio sulla luna ha comportato dosi di radiazioni "trascurabili" per gli astronauti, perchè oggi la stessa NASA, parlando delle fasce di Van Allen, dichiara che "dobbiamo risolvere queste sfide prima di poter mandare delle persone in questa regione dello spazio"?
Perché oggi, per mandare astronauti oltre le fasce, la NASA non userà l’Apollo ma la nuova navicella Orion. Quest’ultima, essendo profondamente diversa, deve essere testata senza equipaggio, quindi ripresenta delle sfide che erano già state superate dai moduli Apollo.

  • Domanda #4 - Come è possibile che uno dei pochissimi esseri umani che abbiano mai attraversato le fasce di Van Allen non sappia nemmeno dove si trovano, e dica di non sapere nemmeno con certezza se è andato abbastanza in alto da raggiungerle?
Le fasce non erano una preoccupazione per gli astronauti, perché rappresentavano un rischio trascurabile rispetto ai tanti altri rischi delle missioni Apollo.


APPROFONDIMENTO - Risposte alle affermazioni di American Moon

  • Le fasce di Van Allen sono fortemente radioattive.
    La strumentazione di Explorer 1 aveva lo scopo di misurare la radioattività nello spazio.
Quando le fasce furono scoperte, Ernst Ray disse: “Mio Dio, lo spazio è radioattivo!”, esclamazione che James Van Allen definì inesatta ma pittoresca[1]. E’ infatti sbagliato parlare di radioattività, che è la caratteristica di alcuni elementi, come l’uranio, di emettere spontaneamente radiazioni. Nelle fasce di Van Allen le radiazioni, sebbene in parte simili a quelle prodotte dalle sostanze radioattive e in alcuni casi derivanti da processi tipici della radioattività (come il decadimento beta), derivano in realtà dal sole e dai raggi cosmici.

  • Le fasce di Van Allen si estendono da un minimo di 1500 km dalla superficie terrestre.
American-Moon-VAB1
Grafica tratta dal film American Moon.

Il disegno stesso smentisce questa affermazione: la fascia interna è distante 1500 km in corrispondenza dell’equatore magnetico, ma poiché segue le linee di forza del campo magnetico terrestre, si piega affondando nell’atmosfera. Una propaggine della fascia, detta Anomalia del Sud Atlantico, raggiunge la distanza minima di 200 km dalla superficie.

  • Tutte le missioni spaziali con uomini a bordo, eccetto Apollo, si sono tenute sempre ben al di sotto delle fasce di Van Allen. 
American-Moon-VAB2
Grafica tratta dal film American Moon.

È inesatto: tutte le missioni citate hanno attraversato almeno una volta una parte delle fasce, la suddetta Anomalia del Sud Atlantico.
La grafica suggerisce che tutte le missioni si siano svolte in un’orbita equatoriale, ma non è affatto così. La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) si trova su un’orbita inclinata di 51,6° rispetto all’equatore, tra 300 e 400 km di quota, ed esegue un giro intorno alla Terra ogni 90 minuti, cioè 16 giri al giorno.
Inoltre, a causa della rotazione terrestre, ad ogni orbita la ISS sorvola un’area diversa della superficie e in un giorno copre la maggior parte della Terra, compreso il Sud Atlantico. La ISS, quindi, attraversa l’Anomalia più volte al giorno.

Tasso di dose assorbita lungo le orbite della ISS in un periodo di 8 giorni[2]

Lo stesso vale per gli Shuttle che vi si sono attraccati in passato e per le navette Soyuz che continuano a farlo ancora oggi.
Per quanto riguarda le missioni Gemini, basti sapere che la Gemini 10 portava a bordo strumenti appositi per misurare le radiazioni nell’Anomalia.

  • Nel 1959 Van Allen scriveva che “in qualche modo il corpo umano dovrà essere schermato da queste radiazioni, anche per un transito rapido attraverso la regione”. 
L’affermazione va collocata nel suo contesto: le fasce erano appena state scoperte e le conoscenze erano ancora limitate. Basandosi su dati incerti, Van Allen sovrastimò le radiazioni, calcolando un tasso massimo di dose assorbita pari a 100 rad/h nel cuore della fascia interna[1]. Una tale intensità farebbe insorgere i primi sintomi di avvelenamento da radiazioni dopo 20 minuti di esposizione non schermata[3], e causerebbe il 50% di mortalità con un’esposizione totale di 3 ore e mezza[4]. Da qui la raccomandazione di schermare il corpo umano anche per un transito rapido.
Due anni dopo, Van Allen rivide al ribasso la stima, calcolando un tasso 5 volte inferiore al centro della fascia interna, dietro una schermatura di 1 g/cm² [5]. Ma il modulo di comando Apollo forniva una schermatura di 8 g/cm² [6], quindi anche questa seconda stima di Van Allen risultò esagerata.


  • Nel 1961 Van Allen scriveva che “una schermatura efficace è ben lontana dalle nostre capacità ingegneristiche nel prossimo futuro”.
Di nuovo, le frase va collocata nel contesto. Van Allen non parla più di transito rapido ma di un’ipotetica stazione spaziale in orbita permanente nella fascia interna, la quale viene infatti definita “inabitabile” [5].


  • Van Allen: “tutti i tentativi di missioni umane nello spazio devono tenersi lontani da queste due fasce di radiazioni fino a quando saranno stati sviluppati dei metodi adeguati per proteggere gli astronauti”.
Ancora fuori contesto. La frase completa è: “un essere vivente non può sopravvivere a questo livello di danno da radiazioni. Quindi tutti i tentativi di missioni umane nello spazio devono tenersi lontani…” ecc. Il livello di radiazioni, a cui Van Allen fa riferimento, è quello accumulato dalle sonde Vanguard I e Sputnik III in oltre due anni[5]. Dunque anche in questo caso sta parlando di missioni molto più lunghe delle missioni Apollo.

  • Quando venne il momento di lanciare i primi astronauti verso la Luna, il problema delle radiazioni sembrò magicamente scomparire nel nulla.
Tutt’altro. Nei dieci anni seguenti alla scoperta delle fasce di Van Allen, col progresso delle conoscenze, la loro pericolosità per i transiti rapidi fu notevolmente ridimensionata (già nel 1961 Van Allen non ne parlava più), ma ci si accorse che la vera minaccia proveniva dai brillamenti solari più forti[7] e dalle conseguenti tempeste di protoni, dette SPE (Solar Proton Events). Un’altra minaccia presa in considerazione era l’eventuale detonazione, da parte dei Russi, di un ordigno nucleare nell’alta atmosfera, che avrebbe aggiunto nuove radiazioni alle fasce di Van Allen.

  • Apollo 8 fu lanciato verso la Luna senza che venisse sviluppato alcun metodo particolare di protezione.
Non è così. Fu sviluppato un metodo di protezione di tipo strategico[7]: per limitare la dose di radiazioni nelle fasce di Van Allen, il modulo Apollo doveva restare in orbita bassa e poi attraversare rapidamente le fasce. Per la protezione dalle tempeste di protoni, una rete di osservatori monitorava l’attività solare 24 ore su 24, mentre i dosimetri presenti nel modulo Apollo e sulle tute degli astronauti registravano continuamente le radiazioni assorbite. I dati erano inviati in tempo reale al controllo missione, che, in caso di tempesta solare, poteva prevedere con diverse ore di anticipo la dose assorbita dagli astronauti e, se troppo alta, attuare la strategia migliore per ridurla. Per esempio, se si trovavano sulla Luna, gli astronauti avrebbero dovuto decollare immediatamente e ritornare nel modulo di comando, più schermato del modulo lunare[8].


  • Apollo 8 fu lanciato senza nemmeno aver mandato prima una scimmia attraverso le fasce radioattive.
Ci avevano già pensato i Russi, che nel 1966 lanciarono la capsula Kosmos 110 con a bordo due cani, Veterok e Ugolyok[9], allo scopo di testare gli effetti prolungati delle radiazioni delle fasce di Van Allen. I cani sopravvissero dopo un volo della durata record di quasi 22 giorni.
A parte questo, le dosi ricevute nel modulo di comando Apollo durante il transito nelle fasce erano state misurate nelle missioni senza equipaggio Apollo 4 e 6 e gli effetti delle radiazioni sul corpo umano erano conosciuti grazie agli esperimenti di laboratorio, come quello dell’“uomo di plastica” mostrato nel film stesso.
Dedicare una missione Apollo a un animale non era dunque necessario e avrebbe fatto perdere tempo prezioso nella corsa alla Luna.


  • La capsula in cui viaggiavano i tre astronauti aveva solo un sottile rivestimento di alluminio e nessuna protezione specifica contro le radiazioni.
Le pareti del modulo di comando erano spesse da 8 a 18 cm ed erano formate da strati di materiali vari: alluminio, acciaio, una resina rinforzata con quarzo e uno strato isolante fibroso[10]. La strumentazione disposta lungo le pareti contribuiva formando un ulteriore strato protettivo. Inoltre il modulo di servizio, contenente il motore e i serbatoi, proteggeva la base del modulo di comando bloccando metà delle radiazioni complessive. Sebbene non ci fosse alcuna protezione specifica contro le radiazioni, l’insieme di tutti questi elementi costituiva di fatto una schermatura capace di abbattere più del 90% delle radiazioni[11].

  • L’attraversamento delle fasce non sembra minimamente preoccupare gli astronauti.
Al contrario, durante il passaggio nella fascia esterna, gli astronauti dell'Apollo 8 eseguirono due letture dei dosimetri che avevano addosso: la prima era prevista dal piano di volo, la seconda è stata richiesta dal controllo missione (vedi trascrizione ore 004:52:40). Le letture confermarono che la dose assorbita era trascurabile, come previsto.

  • Nella trasmissione da circa metà strada fra la Terra e la Luna, sembra che la cosa più interessante di cui parlare fosse il comportamento dello spazzolino da denti in assenza di gravità.
A metà strada significa a circa 200 mila km dalla Terra. Le fasce di Van Allen, come affermato nello stesso film, terminano a 40 mila km dalla Terra. In quel momento erano state superate da più di 24 ore.

  • Fino al 1968 le fasce di Van Allen erano considerate molto pericolose. Poi, durante le missioni Apollo, di colpo non erano più pericolose, mentre nei tempi attuali sono tornate ad essere considerate molto pericolose.
Il fatto che 8 missioni con equipaggio abbiano attraversato le fasce di Van Allen non le trasforma automaticamente in un luogo sicuro. Si fa confusione tra pericolo e rischio: il pericolo è la possibilità di un danno, il rischio è la probabilità che quel danno avvenga. Il fuoco è un pericolo, perché è una potenziale causa di ustioni, ma è possibile spegnere una candela con le dita senza bruciarsi, a patto di essere molto rapidi, cioè minimizzando il rischio. Le fasce di Van Allen, sebbene la loro pericolosità fu ridimensionata nei primi anni dopo la loro scoperta, sono sempre state considerate pericolose, ma il loro attraversamento rapido ne riduce il rischio a livelli accettabili.

  • Kelly Smith della NASA, parlando delle fasce di Van Allen, dice che “dobbiamo superare queste sfide prima di mandare delle persone in questa zona dello spazio”, nonostante siano state già brillantemente superate dalle missioni Apollo.
Le sfide, a cui Smith si riferiva, erano i test dei sistemi elettronici e della schermatura della navicella Orion nelle fasce di Van Allen. E’ vero che le stesse sfide sono state superate dalle missioni Apollo, ma Orion era un veicolo spaziale nuovo e tutti i suoi componenti dovevano essere collaudati senza uomini a bordo.
Progettare un nuovo veicolo per fare ciò che faceva già il modulo Apollo può sembrare un reinventare la ruota, ma la questione non è così semplice. Anche se si riuscissero a recuperare i vecchi progetti, per ricostruire un modulo Apollo e un razzo Saturn V bisognerebbe prima ricostruire anche gran parte dell’industria aerospaziale americana di fine anni ’60. La produzione dei veicoli spaziali coinvolgeva infatti numerose aziende appaltatrici e subappaltatrici che negli anni possono essere state chiuse, oppure aver modificato le linee produttive, aggiornato le tecniche e i materiali di costruzione e aver perso il know-how, dato che praticamente tutto il personale dell’epoca è ormai in pensione o deceduto.
L’alternativa è riprogettare Apollo, aggiornandolo agli ultimi ritrovati della tecnologia. Ma bisogna tenere presente che un veicolo spaziale è una macchina estremamente complessa, che richiede margini di errore bassissimi. Una riprogettazione genera modifiche così importanti da richiedere un nuovo collaudo senza equipaggio. Orion, a grandi linee, non è altro che un Apollo 2.0. Le similitudini sono evidenti, in quanto si basa sui moduli di comando e servizio Apollo, ma le differenze sono profonde e sostanziali: è più avanzata, più capiente ed è stata progettata per affrontare missioni di 21 giorni con 4 uomini a bordo e di 6 mesi senza equipaggio.
Il sistema di guida di Orion è stato progettato per resistere alle radiazioni, ma essendo anch’esso nuovo, doveva essere testato, ovviamente senza persone a bordo. Sebbene esistessero già sistemi "radiation-hardened" collaudati, risultavano obsoleti e con prestazioni troppo basse. Così i progettisti hanno preso i processori usati nei Boeing 787, più recenti e performanti, e li hanno modificati rendendoli resistenti alle radiazioni[12].
Anche la schermatura della capsula, non avendo mai volato prima, doveva essere testata, e il modo migliore è quello di eseguire misurazioni “sul campo” (si possono fare delle simulazioni, ma risultano imprecise per il grande numero di variabili in gioco). La schermatura serve a proteggere sia la strumentazione che gli esseri umani, quindi è importante assicurarsi della sua capacità protettiva, soprattutto perché, nelle missioni di lunga durata per cui è stata progettata Orion, aumenta il rischio di imbattersi in una tempesta solare. Invece, il rischio delle fasce di Van Allen, seguendo una tipica traiettoria ad attraversamento rapido, è lo stesso dell’epoca Apollo, a parità di schermatura.

  • Alan Bean è uno dei pochissimi essere umani ad aver attraversato le fasce di Van Allen, eppure non è sicuro di averle mai raggiunte e non sa nemmeno dove si trovino.
Le fasce di Van Allen non fanno parte della formazione di Bean, che è ingegnere aeronautico, per cui è plausibile che non sappia o non ricordi dove si trovano dopo 35 anni dalla missione. Le fasce non si vedono né si avvertono in alcun modo, se attraversate rapidamente. Inoltre non erano affatto una novità: Apollo 12, di cui Bean faceva parte, fu la quarta missione a oltrepassare le fasce. Prima di lui, altri nove uomini le avevano attraversate, due volte ciascuno, senza riportare alcun sintomo collegabile a esse.
La scarsa attenzione di Bean per le fasce di Van Allen dimostra che esse rappresentavano uno dei rischi più marginali delle missioni Apollo, tanto da non costituire preoccupazione per gli astronauti.


  1. J. Van Allen, Radiation Belts around the Earth, Scientific American, March 1959
  2.  R. Gaza et al., Space Radiation Crew Protection and Operations for Exploration Missions, 2017
  3. Acute Radiation Syndrome: A Fact Sheet for Clinicians, CDC, 2018
  4. Death by haematopoietic syndrome of radiation sickness- influence of dose rate
  5. J. Van Allen, The Danger Zone, Space World, 1961
  6. T. Phillips, Sickening Solar Flares, 2005
  7. J.L. Modisette et al., Radiation Plan for the Apollo Lunar Mission, 1969
  8. R.H. Hilberg, Radiation Protection for Apollo Missions, 1969, p. 4 
  9. T. Gray, A Brief History of Animals in Space, 1998 
  10. J.E. Pavlosky & L.G. St. Leger, Apollo Experience Report - Thermal Protection Subsystem, 1974, p. 5 
  11. E. Seedhouse, Space Radiation and Astronaut Safety, Ch. 6: Shielding, 2018
  12. S. Cole, Orion spacecraft's avionics designed for reliability in deep space

    Commenti

    1. A questa bibliografia aggiungerei uno studio del 1959 in cui si spiega come sarebbe stato possibile oltrepassare senza danni le fasce di Van Allen con una traiettoria inclinata:
      Hermann J. Shaefer, Radiation Dosage in Flight through the Van Allen Belt
      https://spacemedicineassociation.org/download/history/history_files_1959/30090631-1.pdf
      Successivamente, come hai ben spiegato, grazie ai test effettuati da Apollo 4 e 6 e dalla sonda sovietica Zond5, le fasce vennero effettivamente misurate, e la loro pericolosità ridimensionata.

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    2. Ho cercato in tutto il blog ma non ho trovato un indirizzo email per contattarti.

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    3. E non hai risposto alla domanda:
      Perché secondo la NASA le fasce sono pericolose, dobbiamo superare le sfide e abbiamo ancora, a quanto pare, 2 sonde che vagano lì per partarci le misurazioni fra 2 anni? Stiamo buttando i soldi?

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      1. Forse non leggi tutto quello che viene scritto. Magari per il fatto che per molti leggere è molto più difficile da capire, rispetto a guardare un video con tante belle immagini esplicative, come si fa con i bambini per fargli capire le cose. Ci provo, conscio che sarà sforzo vano. Le Fasce di Van Allen sono un problema solo nelle Fasce Basse, tra i 1000 e 6000 km di quota. Come detto sopra (vai a vedere i calcoli, se serve) si attraversano in circa 7,56 minuti alla velocità di fuga (necessaria), questo se si attraversano perpendicolarmente, anche meno se si segue la traiettoria verso i poli, dove il tiroide è quasi assente.
        Premesso questo, Orion (te lo ha ben detto l'autore, ma appunto: forse hai difficoltà a leggere) è una navicella di nuova generazione, con sistemi elettronici di qualche centinaio di generazioni più evoluti di quelli delle missioni Apollo degli anni '60 e '70 (ultima missione lunare Apollo 17, 1972), dove i processori, RAM e circuiti erano di più grandi dimensioni e più elementari, quindi meno soggetti a sbalzi di tensione, sbalzi termici e soprattutto probabilmente "trasparenti" alle frequenze delle radiazioni (le radiazioni hanno frequenze che hanno quindi una lunghezza d'onda, l'onda ha una "frequenza di risonanza" che è il punto di massima energia - o pressione o effetto distruttivo - che agisce su oggetti, persone, cellule, che hanno dimensioni uguali o multiple di quelle lunghezze d'onda, altrimenti risultano appunto "trasparenti") delle Fasce e cosmiche. Inoltre, essendo un prototipo di nuova produzione, è chiaro che nello Spazio (dove verrà impiegato) vada collaudato, vengano fatti stress test e raccolti dati per intervenire in caso di problemi, errori di progettazione e quant'altro. O... visto che l'ABS e gli airbag sono tecnologia di metà fine anni '90, telai e propulsori sono roba sviluppata da un secolo, inutile fare collaudi, crash test ed omologazioni sulle auto odierne, tanto si sa che funzionano e buonanotte...

        Di sicuro non stiamo buttando i soldi, ma temo che sia io a perdere tempo a spiegare queste ovvietà.

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    4. Salve. In realtà la NASA conosceva benissimo la quantità di radiazioni assorbite da esseri umani a bordo di navicelle spaziali attraverso un esperimento denominato D008 eseguito a bordo delle missioni Gemini IV e VIa. I dati forniti dai dosimetri durante i ripetuti passaggi nella SAA furono determinati per valutare quali tipi di schermature fossero sufficienti per proteggere gli astronauti e quali dovevano essere i tempi di attraversamento e le traiettoria necessarie. Tutto é pienamente documentato e reperibile sui vari siti pubblici. Niente di misterioso. Ma quale aiuto dai russi che oltretutto avevano eseguito valutazioni su organismo viventi tutt'altro che appartenenti al genere Homo. Un serio giornalista d'inchiesta dovrebbe percorrere la strada della ricerca ed arrivare a conclusioni esatte. Qui non si è stati manco in grado di fare una semplice ricerca online.

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    5. La controrisposta di MM alla risposta denota ulteriormente una ignoranza non tanto dell'autore stesso, per sua stessa ammissione incapace di valutare grafici e diagrammi, ma del suo presunto comitato scientifico. Perché attraversare la SAA vuol dire attraversare per intero, da una parte all'altra, il fascio interno della VAB, proprio per la conformazione stessa di tipo toroidale della zona è per di più, nonostante lo spessore verticale ridotto, contengono la stessa tipologia di particelle di qualsiasi altra parte e la stessa densità. E non solo questa era stata mappata esattamente con le sonde Explorer e pioneer, ma ultimamente confermata e approfondita dalla sonda PAMELA. La domanda 4, é sostanzialmente divisa in due parti.

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    6. Nella prima si accusa Bean di non sapere manco dove si trovino le VAB. Niente di piú falso. 1966, missione Gemini 11, Pete Conrad raggiunge la quota massima mai raggiunta da una sonda con uomini a bordo, circa 1300km. Questo record permette quindi di valutare ulteriormente gli effetti delle radiazioni sugli astronauti. E in effetti, come da registrazioni TBT tutte documentate, gli astronauti scambiarono i dati dei dosimetri con il Capcom a Houston. Tanto piú che il Capcom pronuncerà la famosa frase, che la NASA ha sempre utilizzato "passarci dentro é piú sicuro di una radiografia al torace". Ebbene il Capcom era proprio un certo Alan Lavern Bean. Nella seconda invece c'é una manomissione evidente. In tutta l'intervista bean non ha mai utilizzato i termini high, low, beyond, below. Lui ha semplicemente detto di non sapere se le avessero mai incontrate perché l'unico modo per verificare era osservare i valori dei dosimetri a bordo in quanto esternamente non erano per niente visibili e che se le avessero veramente attraversato era perché probabilmente erano andati fuori dalla rotta programmata. Far enough Out, non far enough high signor mazzucco.

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    7. Più guardo il documentario di Mazzucco e più ci trovo taglia e cuci, errori, omissioni, fraintendimenti e via discorrendo.

      L'ultima l'ho notata ora. Verso 1:06:00 il documentario mostra l'affermazione di Bill Wood, in "What Happened on the Moon", che dice che la capsula aveva le pareti talmente sottili che non poteva funzionare a pressione piena (raggiungere una pressione pari a quella del livello del mare).

      Con buona pace dei defunti dell'Apollo 1 che non sono riusciti ad aprire il portellone verso l'interno, perché la pressione raggiunta dall'atmosfera dentro la capsula era talmente forte che è stato impossibile aprirlo.

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      1. Il Bill Wood dell'intervista é un amico di Bill Kaysing le cui autoreferenze non esistono. Hanno semplicemente rubato l'identità di altri 3 Bill Wood che hanno lavorato alla NASA, all'USAF e All'US Navy e le loro attività in programmi classificati e non. Questo nel 1996 poteva essere occultato, ma adesso non piú. Adesso ci sono migliaia di prove, di CV, di documenti sul web che provano che di questo personaggio non esiste traccia.

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      2. la verità e che non abbiamo più la tecnologia del 69 Il capitano della Stazione Spaziale Internazionale, Terry Virts, ha detto: “Attualmente siamo in grado di volare solo nell'orbita terrestre, più lontano di così non possiamo andare”. ... La Luna si trova ad una distanza dalla Terra di 384.400 km, circa 10 volte l'orbita terrestre.28 lug 2015.che dire !!!! è un bugiardo???????

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      3. No, è solo una persona precisa.

        Nel 2015 non c'era nessun vettore in grado di trasportare una capsula pesante come il LEM (14,85 tonnellate) in orbita lunare.

        Adesso c'è il Falcon Heavy (SpaceX), che però ha volato nel 2018, quindi nel 2015 non c'era.
        Prima c'era il Saturn V che ha volato nell'ultima volta il 14, Maggio 1973, in una missione Skylab.

        La nasa sta poi costruendo l'SLS ma non è ancora pronto.

        Quindi tra il 1973 ed il 2018, non c'erano vettori in grado di superare l'orbita bassa con un carico abbastanza pesante da trasportare umani e l'attrezzatura per farli sopravvivere.

        Quindi Terry Virts, parlando di razzi vettori per trasporto umano, nel 2015, ha perfettamente ragione, ma non si riferisce alla mancanza di tecnologia, ma alla DISPONIBILITA' di vettori, che non c'era perché il Saturn V non lo produce più nessuno dal 1973.

        E bada, che è ovvio che parli di razzi in grado di portare peso sufficiente, perché invece di roba oltre all'orbita bassa ne abbiamo mandata a bizzeffe.... (sonde su Giove, su Saturno, sulla Luna, su Marte, su Mercurio, attorno al Sole....)

        Quindi è inutile che vi attacchiate ad una frase il cui senso è in realtà palese e speriate che voglia dire quello che volete voi.

        E l'Apollo non è l'unico caso di tecnologia al momento non disponibile.

        Il Concorde ad esempio, l'unico aereo civile supersonico, che adesso non c'è. Non ci sono altri aerei civili supersonici (ed invece negli anni 90 sembrava che stessero per nascere come funghi), e ne stanno progettando altri ma al momento non sono disponibili.

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    8. Una domanda! In 8 anni dal 1961 al 1969 dal nulla e la tecnologia dell'epoca sono stati in grado di arrivare con equipaggio sulla luna, dopodiché dal 2004 è stato approvato un piano per un nuovo vettore spaziale lanciato per la prima volta nel 2014 senza equipaggio con previsione di una missione con equipaggio nel 2023 ...? Quindi la tecnologia degli anni 60 del secolo passato era più progredita di quella attuale visto che sono quasi 20 anni che ci stanno lavorando?

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      1. No. Oggi ritornare sulla luna non è più una priorità come negli anni ‘60. Il congresso dà i soldi alla NASA col contagocce, di conseguenza i tempi si dilatano.

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      2. Nel 1969 ha fatto il suo primo volo il Concorde, il primo e per ora unico aereo di linea supersonico del mondo. Cessato nel 2003 per quasi 20 anni non si è visto nessun altro aereo di linea supersonico. Tutti subsonici, anche i più moderni (A380, B787...)L'anno scorso, dopo vari anni di sviluppo, doveva volare il prototipo del successore del Concorde, l'XB-1 che dovrebbe entrare in servizio entro il 2026. Ma il prototipo non ha volato, ed il progetto è stato ulteriormente ritardato.

        Secondo te vuol forse dire che la tecnologia degli anni 60 del secolo scorso era più progredita di quella attuale visto che in 20 anni non sono riusciti a realizzare il secondo progetto di questo tipo, dopo che il primo, varato nel '69, è rimasto l'unico e ad oggi non ci sono altri aerei supersonici?

        Nel caso del Concorde è PALESE che il problema non sia la tecnologia, ma i soldi. Non capisco perché non vi sembri altrettanto palese per l'Apollo.

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      3. "Il congresso dà i soldi alla NASA col contagocce" blablabla nel 2023 ci sono 26 MILIARDI di dollari da destinare alla Nasa!!

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      4. Calma calma. La NASA non spende tutto nel progetto Artemis, ha anche altre voci di costo (la stazione spaziale, i robot su Marte, vari progetti scientifici). Il presidente USA propone (e il congresso approva) le singole voci del budget NASA. Per Artemis hanno deciso di spendere solo 7 miliardi e mezzo nel 2023. Nel progetto Apollo invece sono arrivati a spendere fino a 3 miliardi l'anno, che corretti per l'inflazione equivalgono a 35 miliardi del 2023, quasi 5 volte il budget di Artemis.

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