Controluce

RISPOSTE ALLE DOMANDE DI AMERICAN MOON

  • Domanda #38 - Visto che è la NASA stessa ad aver dichiarato che "poichè la superficie della luna è scarsamente riflettente, i soggetti fotografati si troveranno o in piena luce, oppure nell'ombra più completa", sai spiegare perchè la parte in ombra del LEM risulta invece fortemente illuminata?
Il documento NASA prosegue così: “Ciò sembrerebbe offrire soggetti fotografici con un contrasto molto elevato”[1]. Da questo possiamo dedurre che i soggetti fotografici, a cui si riferisce la NASA, presentano nella stessa foto sia le parti illuminate che le parti in ombra, altrimenti non avrebbe senso parlare del contrasto, cioè della differenza fra le due parti. Quindi la NASA non si riferisce a soggetti in controluce, che mostrano solo la parte in ombra, ma a soggetti illuminati lateralmente. Nelle foto Apollo i soggetti di questo tipo risultano avere forti contrasti fra luci ed ombre, come previsto.

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Modulo lunare di Apollo 11 (particolare dalla foto AS11-40-5950). A destra un dettaglio che dimostra il forte contrasto fra la parte illuminata e la parte in ombra. Il contrasto va valutato fra aree dello stesso colore.

L’ombra più completa, inoltre, non può fisicamente esistere nella realtà. Se, come dice la NASA, la superficie della luna è scarsamente riflettente, la luce riflessa deve illuminare, seppur debolmente, le parti in ombra dei soggetti. Perciò, quando parla di "ombra più completa", la NASA non si riferisce alla scena reale, ma alla sua immagine fotografica, nella quale le parti in ombra, in certi casi, possono apparire nere o molto scure, oppure molto illuminate, a seconda delle impostazioni di scatto.

Fatte queste premesse, la risposta alla domanda “perché la parte in ombra del LEM risulta fortemente illuminata?” viene fornita nello stesso American Moon:

“Come tutti i fotografi sanno, per vedere meglio nell’ombra basta aprire il diaframma dell’obiettivo”.

Il diaframma è in tutto e per tutto equivalente alla pupilla del nostro occhio: più è dilatata, meglio riusciamo a vedere nel buio. Che questo fosse possibile anche sulla Luna è dimostrato dal commento di Neil Armstrong, poco dopo la sua storica discesa sul suolo lunare:

“Sto guardando verso il LEM… Adesso sono proprio sotto l’ombra e sto guardando il finestrino di Buzz. E riesco a vedere tutto molto chiaramente. La luce riflessa all’indietro sul davanti del LEM è abbastanza forte da rendere tutto visibile molto chiaramente.[2]


  • Domanda #39 - Come abbiamo appena mostrato, il riflesso della sabbia non è sufficiente a rischiarare le parti in ombra dell'ambiente lunare, mentre la tuta dell'astronauta è troppo piccola e troppo lontana per rischiarare la parte in ombra del LEM. Sai quindi spiegare che cosa abbia illuminato in modo così sostanziale le parti in ombra del modulo lunare?
Sul perché l’illuminazione appaia “sostanziale” abbiamo già risposto nella domanda precedente.

Per dimostrare l’impossibilità del controluce, Mazzucco porta come prove foto scattate in condizioni completamente diverse. Innanzitutto non sono in controluce, ma hanno il sole di lato e dimostrano quello che sapevamo già, cioè che i soggetti fotografati in questo modo presentano un forte contrasto fra luci ed ombre.


Le foto presentate nel film sono scattate tutte col sole di lato (foto AS17-146-22293, AS17-140-21494, AS17-143-21857, AS15-85-11450).


In secondo luogo, in tutte queste foto, il fotografo ha scelto di “esporre per le luci”, ovvero di dare priorità ai dettagli nelle aree luminose, rendendo le ombre “sottoesposte”, cioè molto scure o addirittura nere. Tutto l’opposto delle foto di Aldrin in controluce, che sono invece “esposte per le ombre”.

In terzo luogo, una differenza molto importante è il colore del materiale. Mazzucco punta l’attenzione su soggetti intrinsecamente scuri, come massi e pendii sulla superficie lunare. Ma il LEM è ricoperto anche da pannelli chiari e da una coperta termica lucida, mentre la tuta degli astronauti è bianca. È normale che questi materiali siano molto più visibili all’ombra. Infatti, anche nelle foto proposte da Mazzucco, i dettagli delle parti in ombra delle tute sono ben visibili, nonostante siano impolverate.

L’esempio più eclatante di tutti è la seguente fotografia, in cui la parte in ombra dell’astronauta non solo è chiaramente visibile, ma ha la stessa luminosità dello sfondo. Mazzucco però fa notare soltanto i pannelli fotovoltaici misteriosamente neri. Ma basta guardare la foto precedente per accorgersi che i pannelli sono lucidi e, a seconda del punto di vista, possono riflettere il cielo nero o il suolo grigio.

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A sinistra, la tuta spaziale è ben visibile anche in ombra e i pannelli solari riflettono il cielo nero (particolare della foto AS11-40-5951). A destra, gli stessi pannelli riflettono il terreno (particolare della foto AS11-40-5950).


  • Domanda #40 - Visto che il terreno lunare riflette solo l'8% della luce che riceve, come può la parte in ombra del LEM, che è illuminata solo da luce riflessa, avere la stessa luminosità del terreno colpito direttamente dal sole?
Il fuori campo delle controverse foto di Aldrin sulla scaletta è visibile nella seguente panoramica, scattata dallo stesso Neil Armstrong qualche minuto prima. La panoramica mostra un hotspot e il relativo fall-off su entrambi i lati dell’ombra del LEM. Il fenomeno è causato dalla retrodiffusione, ossia quella caratteristica peculiare del suolo lunare per cui esso riflette di più verso il sole e di meno in altre direzioni (per una trattazione più approfondita, rimandiamo al capitolo sugli hotspot).

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Fotomosaico della sequenza panoramica 5850-5858 di Apollo 11. Le linee (isofote) uniscono i punti con la stessa luminanza. Le percentuali indicano la riflettanza stimata. In alto: direzione in gradi misurata rispetto alla direzione dei raggi solari.

Non è vero che il terreno lunare riflette l’8% della luce che riceve. Il valore dell’8% si riferisce all’albedo geometrica (o albedo normale) del Mare della Tranquillità, il sito di allunaggio di Apollo 11[3]. Cosa significa questo? Che solo la luce riflessa all’indietro esattamente verso il sole è l’8% di quella incidente. Questa luce si vedrebbe al centro dell’hotspot, nella stessa direzione dei raggi solari (direzione 0°), se quel punto non fosse coperto dall’ombra del LEM. La luce riflessa verso altre direzioni (in particolare, quella che vediamo è riflessa verso l’obiettivo) è solo una frazione di questo 8% e dipende dall’angolo di fase, cioè l’angolo tra il raggio incidente e il raggio riflesso.

La parte in ombra del LEM è illuminata principalmente dall’hotspot che ha di fronte e da parte del suo fall-off, fino a un angolo di circa 90° sia a sinistra che a destra. Questa parte di terreno riflette dall’1 al 7% della luce solare, cioè è ancora più scuro di quanto ipotizzato finora. In ogni caso, il fotografo riesce a risolvere il problema “esponendo per le ombre”, cioè aprendo il diaframma. Normalmente questo porterebbe a una sovraesposizione dello sfondo, il quale apparirebbe sbiadito o completamente bianco. Com’è possibile, allora, ottenere una foto come questa?

Buzz Aldrin in cima alla scaletta del LEM sembra avere la stessa luminosità del terreno sullo sfondo (foto AS11-40-5866).

Semplice: il terreno che si vede sullo sfondo di tutte le foto in controluce è la coda del fall-off che sta all’estrema destra della panoramica e che riflette meno dell’1%, cioè è circa 10 volte più scuro dell’hotspot. Insomma, non è la luce che proviene dalle spalle del fotografo a essere eccessiva, ma è lo sfondo ad essere molto più scuro del normale. Per questo motivo appare più o meno correttamente esposto nelle foto. Si tratta di una pura coincidenza, in quanto il fotografo si è preoccupato di esporre correttamente solo il soggetto, cioè Aldrin.

Inoltre, non è vero che “la parte in ombra del LEM ha la stessa luminosità del terreno colpito direttamente dal sole”. Il modulo lunare appare decisamente più scuro del suolo, con l’eccezione della coperta termica che ne ricopre la parte inferiore e che, essendo lucida, riflette l’hotspot sul terreno.

Buzz Aldrin, alla base della zampa del LEM, appare sensibilmente più buio del terreno sullo sfondo (foto AS11-40-5869).

Anche la tuta bianca di Aldrin, il materiale più chiaro di tutti, ha una luminosità simile a quella del terreno sullo sfondo, ma solo quando Aldrin si trova in cima alla scaletta. A quell’altezza l’orizzonte visibile è più lontano e la quantità di terreno che illumina Aldrin è maggiore. La luminosità si riduce con l’altezza perché, man mano che si scende, è visibile sempre meno terreno illuminato, mentre l’ombra del LEM occupa un angolo sempre più ampio. Infatti, quando Aldrin scende alla base della zampa, appare più scuro dello sfondo e le sue gambe sono ancora più scure del torso.

La quantità di terreno che riflette la luce del sole ad alcuni metri di altezza, a sinistra (foto AS11-37-5464), è molto maggiore rispetto quella presente al livello del suolo, a destra (foto AS11-40-5854).


  • Domanda #41 - Visto che nemmeno i Mythbusters, con il loro esperimento, sono riusciti a bilanciare la luce incidente e la luce riflessa, sai spiegare come questo sia potuto succedere nelle varie fotografie delle missioni Apollo?
Per simulare il suolo lunare, i Mythbusters hanno usato una miscela di cemento e carbone in polvere in proporzioni tali da ottenere un’albedo dell’8%. Sebbene questa corrisponda all’albedo geometrica del Mare della Tranquillità, la miscela utilizzata non riproduce la retrodiffusione tipica della regolite lunare, che è la causa del bilanciamento delle luminosità tra soggetto e sfondo.

  • Domanda #42 - Visto che i fotografi professionisti intervistati sostengono che queste foto non sarebbero state possibili senza l'utilizzo di pannelli riflettenti e di luci supplementari, sai spiegare come possano averle realizzate degli astronauti sulla luna, che non disponevano nè di pannelli riflettenti, nè di luci supplementari?
Un parcheggio asfaltato alle spalle e una miniera di carbone davanti a sé: questo sarebbe l’ambiente terrestre più vicino a quello lunare, per ottenere foto in controluce come quelle delle missioni Apollo. È molto difficile che un fotografo professionista si sia mai trovato in una simile situazione. Per cui, messo di fronte a un controluce con un basso contrasto fra soggetto e sfondo, un fotografo tende a ricollegarlo a ciò che ha già visto nella sua esperienza lavorativa e che per lui è più familiare, cioè il pannello riflettente e la luce supplementare. Peccato che nessuna di queste ipotesi regga a un’analisi più approfondita.

Una sorgente luminosa molto piccola, come un flash senza diffusore, produrrebbe delle ombre nette sul LEM e sulla tuta di Aldrin, di cui non c’è traccia nelle foto Apollo. L’ipotetica sorgente secondaria dovrebbe quindi essere un pannello riflettente o diffusore di una certa estensione, considerata anche la distanza del fotografo dal soggetto (4-5 metri).

C’è però un problema: le suddette sorgenti diffondono la luce in tutte le direzioni e quindi anche verso il basso, finendo per schiarire l’ombra del LEM sul terreno. Come si può notare nel seguente confronto tratto dal film, nella scena illuminata dai pannelli, il terreno all’ombra del modulo è ben visibile in tutti i suoi dettagli, mentre nella foto Apollo l’ombra appare completamente nera.

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Immagine tratta da American Moon, che mette a confronto una foto di scena del film Magnificent Desolation e una foto della missione Apollo 14 (AS14-66-9306). Mazzucco evidenzia le similitudini fra le due foto, ignorando la notevole differenza di illuminazione dell’ombra del LEM.

Nella foto di Aldrin sul piede del LEM, l’ombreggiatura dello zaino e delle gambe dimostra che la maggior parte della luce proviene dalla sua destra. L’ombreggiatura del braccio destro, però, indica un’illuminazione dal basso. Guardando meglio, si nota che il tubo sul fianco di Aldrin proietta un’ombra morbida verso l’alto, e che la gamba destra, al di sotto del ginocchio, crea un’ombra morbida all’interno della gamba sinistra, ma questo non succede fra le cosce. Tutte queste ombre sono compatibili soltanto con una sorgente estesa che si trova a destra e in basso rispetto ad Aldrin. Non c’è bisogno di ipotizzare sorgenti artificiali, il pezzo di terreno illuminato che si vede fra l’astronauta e il fotografo soddisfa appieno tutte le caratteristiche descritte.

Buzz Aldrin (Apollo 11) alla base della zampa del LEM (foto AS11-40-5869).

Le ombre sulla tuta di Aldrin, nonché la caduta di luce ai suoi piedi, dimostrano insomma che l’illuminazione, o almeno la maggior parte di essa, non può derivare da una sorgente che si estende verticalmente al di sopra del terreno. In altre parole, la fonte principale non può essere un pannello riflettente, né una lampada con diffusore, né la tuta di Armstrong, che è in pieno sole mentre scatta le foto.

L’attrezzatura da set fotografico pone un altro problema: si riflette inevitabilmente sul LEM. Questo è foderato con una coperta termica di colore giallo o ambra, che riflette a specchio ma che, essendo ondulata, produce immagini deformate e a pezzi della scena presente alle spalle degli astronauti. Se ci fosse un pannello riflettente, sulla coperta termica si dovrebbero vedere riflessi di tre colori diversi: i pezzi che riflettono il cielo o l’ombra del LEM sarebbero neri, quelli che riflettono il suolo illuminato apparirebbero ambra scuro, quelli che riflettono i pannelli sarebbero ambra chiarissimo se non bianchi. Date le notevoli dimensioni dei pannelli, tali da occupare gran parte della scena riflessa, dovrebbero esserci tanti riflessi chiari, come si vede nel film Magnificent Desolation.

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Tre scene dell’allunaggio, ricostruite in studio, tratte dal documentario Magnificent Desolation (2005). La copertura lucida del LEM riflette la luce dei due grandi pannelli riflettenti, usati per l’illuminazione delle ombre, rivelandone la presenza.

Nelle foto di Aldrin sulla scaletta, invece, i riflessi chiari coprono una minima parte della coperta termica, segno che effettivamente c’è qualcosa di luminoso, ma è molto più piccolo di un pannello riflettente. Anche il riflesso luminoso sui tacchi di Aldrin dimostra la presenza di un oggetto brillante poco esteso, posto più o meno in direzione del fotografo. Ciò potrebbe far pensare a una lampada flash con diffusore. Tuttavia, guardando più attentamente i riflessi della coperta termica, nonostante le ondulazioni producano immagini deformate, sono comunque riconoscibili due gambe bianche. Com’era prevedibile, l’unico oggetto brillante in direzione del fotografo è il fotografo stesso, cioè Armstrong con la sua tuta bianca illuminata dal sole.

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Foto AS11-40-5863. Nel dettaglio a destra, i riflessi sulla coperta termica rivelano la presenza della tuta bianca di Armstrong che scatta la foto.

A riprova del fatto che sulla Luna è possibile ottenere dei controluce bilanciati senza attrezzature da set fotografico, esistono diverse fotografie in controluce in cui il riflesso sulla visiera dell’astronauta dimostra la completa assenza di pannelli e simili dietro il fotografo (es. AS11-40-5873, AS11-40-5902, AS16-114-18423). La più famosa è la foto di Buzz Aldrin in controluce vicino al LEM.

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Dettaglio della famosa foto AS11-40-5903. La tuta di Buzz Aldrin risulta luminosa quanto lo sfondo e l’immagine riflessa sulla sua visiera dimostra l’assenza di pannelli riflettenti o diffusori.

Oliviero Toscani è stato l’unico dei fotografi intervistati ad avvicinarsi alla risposta corretta, indicando, proprio in questa foto, l’hotspot riflesso sulla visiera di Aldrin come possibile fonte di illuminazione delle ombre. Toscani ha valutato l’hotspot non sufficiente, probabilmente perché il riflesso sulla visiera restituisce solo una frazione della luminosità originale, e anche perché gli oggetti riflessi su una superficie convessa sembrano molto più piccoli di quanto non siano in realtà.

Ci sono poi fotografie del LEM “in campo lungo”, cioè ripreso da molto lontano con un’inquadratura ampia, la cui parte in ombra è luminosa quanto lo sfondo, ma di fronte a esso non si vede altro che suolo lunare fino a un centinaio di metri di distanza. Ad esempio, nella seguente foto, il LEM si trova a 170 m dal fotografo, mentre l’ampiezza del campo inquadrato permette di escludere la presenza di qualsiasi oggetto nel raggio di 70 metri dal LEM (distanze ottenute dalle dimensioni del LEM nell’immagine e dalla lunghezza focale di 61,1 mm).

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Nessun pannello riflettente, grande quanto si vuole, può illuminare a quel modo un oggetto a 70 metri di distanza senza produrre un chiarore visibile sul terreno. Ma anche volendo ipotizzare l’uso di un proiettore di luce come “fill light”, questo causerebbe un hotspot sul suolo dietro al LEM, di cui però non c’è traccia (altri esempi: AS12-46-6813, AS16-114-18455, AS16-117-18815).




BONUS: Risposte alle affermazioni di American Moon

  • I MythBusters hanno commesso un errore clamoroso. Dopo essersi preoccupati di togliere ogni possibile fonte di riflesso con la carta nera, si sono dimenticati di far allontanare dal set proprio quello dei due che indossava una camicia bianca. Naturalmente questa camicia bianca funge da enorme riflettore di luce rispetto alla zona in ombra del LEM. Lo stesso esperimento, replicato da due fotografi russi, mostra quanto sia importante la presenza di un vestito bianco che riflette luce sull’astronauta.
Nonostante la camicia bianca, che Mazzucco sostiene essere un enorme riflettore, il modellino dei MythBusters risulta comunque poco luminoso, quindi il riflettore non funziona. In altre parole, Mazzucco è riuscito a smentire la sua stessa teoria del riflettore.

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L’esperimento dei MythBusters (a sinistra) a quello dei fotografi russi (a destra).

In realtà non serve essere dei fotografi professionisti, per accorgersi che il russo è in piena luce mentre Jamie Hyneman dei MythBusters è in penombra, al di fuori del cono di luce che simula il sole. Come si può notare, la luminosità della camicia è di gran lunga inferiore a quella del simulante di sabbia lunare, quindi il suo contributo di luce riflessa è trascurabile.



  1. J.M. Eggleston & J.R. Brinkman, Space and the Moon - Photography’s Challenge for Tomorrow, 1964
  2. E.M. Jones, Apollo 11 Lunar Surface Journal, One Small Step, 1995
  3. N.N. Evsyukov, Albedo Distribution in Lunar Maria, 1973

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